Altitudine: m 57 s.l.m.
Superficie: km2 20
Distanza da Imperia: km 47
Abitanti: nel 1881 2331 - al 2017 2100
Festa patronale: 17 Gennaio - Sant'Antonio abate
Informazioni: Comune tel. 0184 206444
Già fiorente dopo il Mille col nome di "Dulzana" sotto il dominio dei Conti di Ventimiglia, Dolceacqua viene conquistata nel 1140 dalla Repubblica di Genova che la venderà poi nel 1270 al ghibellino Oberto Doria, fondatore della dinastia che per secoli dominerà la vallata.
Come gli altri piccoli signorotti del tempo, anche i Doria di Dolceacqua per conservare il potere devono appoggiarsi a Signorie ben più importanti e saranno così vassalli agli inizi del Trecento dei d'Angiò di Provenza e dal 1524 dei Savoia.
Allo scoppio della grande guerra del 1625 tra i Savoia e Genova però i Doria si schierano con quest'ultima, e Dolceacqua pagherà il tradimento subendo nel 1634 assedio e riconquista da parte dei Piemontesi.
Elevato a Marchesato sabaudo nel 1652, il paese subisce nel 1745 un nuovo decisivo assedio da parte delle truppe franco-spagnole alleate di Genova che, dotate dei rivoluzionari cannoni a proiettile esplosivo con gittata superiore ai due chilometri (contro i mille metri di quelli a proiettile inerte degli assediati), ne demoliscono il castello i cui ruderi vengono poi lasciati in eredità al Comune dagli ultimi discendenti dei Doria nel 1942.
Visita al Borgo
Il borgo medioevale di Dolceacqua è certo fra i centri storici più spettacolari dell'intero Ponente ligure, celebrato anche con quattro tele dall'impressionista Claude Monet.
Poco prima di raggiungerne l'abitato incontriamo, sul ciglio destro della provinciale in corrispondenza del camposanto, la chiesa di San Giorgio, costruita attorno al Mille a navata unica e poi ampliata a più riprese: in epoca romanica a tre navate, in quella gotica nuovamente a navata unica ed infine rifatta in barocco; i restauri hanno esemplarmente evidenziato nella facciata, che conserva l'antica monofora al centro della costruzione originaria, i ripetuti rifacimenti.
Il campanile è originario del Mille fino al sottotetto; la copertura della chiesa risale al Trecento, con capriate delle travature interne decorate a rosoni e losanghe policrome.
Sbirciando attraverso la fessura della porta possiamo vederne l'interno, col classico sedile in pietra lungo le pareti e l'alta scalinata che sale ai due lati dell'altare, ubicato sopra la volta della sottostante cripta; nella sua parte centrale la scala anziché salire scende appunto alla cripta romanica rifatta poi nel Cinquecento, che conserva le spoglie di Stefano (1580) e di Giulio (1608) Doria, raffigurati in armi nel bassorilievo che ne decora le rispettive pietre tombali.
Ripresa l'auto raggiungiamo il borgo, che ci offre la vista dell'intatto nucleo medievale dominato dal castello ed arricchito in basso dall'elegante arco del ponte. Svoltiamo a destra in corrispondenza della radice del ponte medievale immediatamente prima del monumento ai Caduti e passando a sinistra della chiesetta scendiamo al parcheggio. Da qui vediamo in alto il castello sulla roccia a strapiombo su di noi, a destra il ponte, di fronte il borgo medievale e a sinistra le vigne del ben noto vino Rossese.
Risaliamo a piedi la rampa; se voltiamo a destra fatta una cinquantina di metri troviamo a destra la modesta Pinacoteca Morscio, che conserva quadri di pittori contemporanei; se invece svoltiamo a sinistra passando davanti alla barocca cappella di San Filippo Neri, percorriamo il ciottolato del Ponte Vecchio che scavalca il torrente Nervia con un'unica arcata di 33 metri di luce, realizzato nel Quattrocento in sostituzione del precedente ponte a due arcate di cui resta la spalla e il basamento del pilone centrale.
Arrivati al moderno affresco prendiamo a sinistra sotto il volto inoltrandoci fra le arcai- che case del piccolo slargo, in cui notiamo l'edicola dietro cui si aprono gli oscuri archivolti medievali; procediamo diritto risalendo poi per via Castello sotto gli snelli archi che puntellano le alte case in pietra del vicolo.
Entriamo sotto il voltone a destra seguendo le indicazioni per la Mostra Artigianale: allo slargo con fontanella prendiamo la rampa sulla destra e quindi ancora a destra; superato il grazioso ponticello in pietra arriviamo all'antico frantoio con le macine in pietra ed i torchi originari in cui è ambientato l'emporio che vende oggetti casalinghi in legno d'ulivo. Seguendo le ripetute indicazioni da qui raggiungiamo il vicino "Visionarium", saletta in cui viene proiettato uno straordinario spettacolo naturalistico a tre dimensioni.
Tornando indietro, scesa la rampa che conclude via San Biagio saliamo a destra il ripido vicolo Cassini, stretto fra le alte case in pietra puntellate da archetti, che passato il volto ci immette nella centrale via Doria che risaliamo. Superata la finestra-porta di antica bottega proseguiamo oltre la fontanella con a sinistra il negozio di olio e vino locali notando poi le due feritoie che si aprono nella casa a sinistra sotto l'ultimo archetto.
Murata sopra il civico 33 c'è una piccola edicola in pietra nera a decori floreali; sul muro di fronte si apre una feritoia seguita da altre due nel successivo slargo ai piedi del castello dei Doria. Se dallo spiazzo facciamo pochi passi oltre il possente arco della porta, guardando a destra oltre il torrente avremo la sorpresa di vedere una casa che ci sorride.
Ritirato il biglietto e superato il cancello con stemma dei Doria saliamo sotto gli spalti la rampa protetta verso valle dal muricciolo in pietra con feritoie, notando poi le altre feritoie alla base della torre quadrangolare accanto al ponticello che sostituisce quello originario, levatoio sopra il fossatello scavato davanti alla porta.
Il castello venne costruito su questa posizione altamente strategica nel primo secolo dopo il Mille con la torre rotonda al centro e subì poi diversi ampliamenti fra cui l'aggiunta del quattrocentesco bastione speronato a levante, delle due torri laterali e della parte anteriore. Tra il 1442 ed il 1565 i Doria trasformarono gradatamente l'originaria rustica fortezza nella loro sontuosa residenza fortificata, costruendo i locali i cui ruderi abbiamo di fronte (oltre il palco) con saloni affrescati dal Cambiaso.
L'atrio iniziale comunica con i locali laterali sedi del corpo di guardia e delle stalle; in paese dicono che da quello di destra parte un sotterraneo passaggio segreto che scende fino alla riva del Nervia. Accediamo all'interno all'ampio cortile ciottolato, dove si è conservata a sinistra la quattrocentesca fontana con canale di portata in terracotta, e a destra il muro su cui si aprono gli ampi finestroni sul borgo; qui sorge la possente torre circolare, che fu la prima fortificazione del complesso che le è poi stato via via costruito attorno.
Saliamo l'ampia gradinata sopra la fontana; superata la seconda rampa voltiamoci a destra per vedere, negli scalini a fianco della torre circolare, i frammenti delle colorate mattonelle di maiolica che ci danno una vaga idea dello splendore della residenza dei Doria, ai cui ruderi è proibito accedere perché pericolanti. Continuando a salire la gradinata a sinistra arriviamo allo spiazzo che comunica con le due torri, collegate da un muro interamente traforato da feritoie semplici, mentre quello a sinistra che dà sul paese ha una serie di feritoie triple, eleganti quanto funzionali.
Da entrambe le torri si ha una vista veramente vertiginosa sullo strapiombo sotto di noi a picco sul fiume; lo stesso che si apriva sotto i piedi di chi riuscì a tirar su questi muri con i mezzi di allora, portando a spalla ogni pietra fin quassù e rischiando a ogni passo per collocarla al suo posto e realizzare così un'opera tanto ardita.
Torniamo indietro nel borgo, e raggiunto il negozio di vini (un assaggio di Rossese è d'obbligo) prendiamo la rampa a destra (via Cima) e proseguiamo poi a destra sotto i volti passando accanto alle due feritoie sulla destra e, poco più avanti, all'arco della scala che scavalca il vicolo adiacente. Dopo l'edicola con tettuccio in ardesia scendiamo a sinistra per via Rocca inoltrandoci così nella parte più antica del borgo con case costruite praticamente a secco pietra su pietra; alla fontanella scendiamo a sinistra fra archi e volti e continuiamo a scendere lungo la gradinata in ciottolato proseguendo sotto i voltoni oggi illuminati artificialmente.
Arrivati all'incrocio prendiamo a sinistra sbucando così nella centrale via Doria attraverso l'arco in pietra ogivale, porta fra le più antiche del borgo, che conserva ancora in alto nello stipite interno la massiccia pietra opportunamente sagomata per accoglierne il cardine.
Siamo sboccati in via Doria in corrispondenza di due botteghe di vino e prodotti tipici locali; da qui proseguiamo a destra fino al termine della discesa, dove prendiamo a sinistra la rampa con portali in pietra ad arco ogivale che ci immette sull'ampio sagrato appena restaurato. Qui sorge la chiesa di Sant'Antonio Abate costruita nel Quattrocento ma poi interamente rifatta in epoca barocca ed ulteriormente ampliata a fine Ottocento; il campanile è in realtà una torre che faceva parte delle mura più esterne, adattata al nuovo uso nel 1621.
All'interno la chiesa brilla dell'oro degli stucchi e conserva una tela di Giovanni da Montorfano della seconda metà del Quattrocento ed il polittico "Santa Devota con santi" del 1515 di Ludovico Brea. Usciti dalla chiesa giriamo a destra; di fronte a noi in fondo alla piazza c'è il settecentesco palazzotto nobiliare in cui nel 1745 si trasferirono i Doria dopo la distruzione del castello.
L'edificio, con portali in pietra nera, ha appartamenti riccamente affrescati ed è tuttora dotato del passaggio privato che immette direttamente in chiesa, al palchetto nella navata sinistra da cui i Doria potevano seguire le funzioni senza mescolarsi col volgo.
Dal sagrato possiamo tornare all'auto seguendo il luminoso lungofiume e passando quindi accanto al frantoio qui ricostruito in omaggio a Pier Vincenzo Mela; oppure prendendo di fronte alla chiesa sotto i volti di via Rebaudi per un'ultima immersione nel più fosco Medio Evo. L'intera via passa sotto i bui volti che prendono luce dalle finestrelle che si aprono a sinistra sul lungofiume e sbocca sullo slargo con fontanella che ci aveva accolti all'inizio della nostra visita.
Ripresa l'auto proseguiamo lungo la provinciale finché incontriamo dopo un chilometro e mezzo la deviazione che ci porta a Rocchetta Nervina.