Altitudine: m 715 s.l.m.
Superficie: km2 16
Distanza da Imperia: km 37
Abitanti:
- nel 1881 987
- al 2017 165
Festa patronale: 2 Settembre - Sant'Antonio martire
Informazioni: Comune tel. 0184 409017
Il nome di Carpasio si vuol far derivare dal trattato di pace ("Cara pax") che vi venne stipulato fra gli autoctoni Liguri Epanteri ed i Romani.
Con il termine Car inteso non tanto però nel significato di "pietra" secondo l'accezione comune, bensì di "pietra" per antonomasia, cioè "pietra di fondazione", posta da un gruppo di celto-liguri guidati da un capo, Car per l'appunto, in nome del quale, vero e proprio eponimo della località, avrebbero fondato un villaggio di pietra, un pagus, che nella loro lingua chiamavano paxe; da qui sarebbe derivato Carpaxe.
Già appartenente alla marca ardoinica e soggetta ai Clavesana, Carpasio passa poi ai Guerra-Lascaris e quindi, conquistata da Genova, ne viene infeudata nel 1261 ad un Doria del Maro il cui discendente Giò Girolamo la vende nel 1587 ai Savoia sotto il cui dominio resta definitivamente.
Nel 1423 ottiene l'approvazione dello Statuto, di cui conserva l'originale nell'archivio comunale.
Negli ultimi cent'anni il borgo ha perduto i quattro quinti dei suoi abitanti, ed è segnato ovunque dalle tracce di questo processo di abbandono che pare ormai irreversibile.
Visita al Borgo
Arrivati al paese parcheggiamo sullo slargo a destra dove, all'angolo del piccolo palazzo municipale, è riportata la pianta del borgo e, salita la scala a sinistra, raggiungiamo lo spiazzo su cui fronteggiato dalla parrocchiale sorge il barocco oratorio dell'Annunziata: la facciata è arricchita da una lapide intagliata con una "Annunciazione" ed anche la monofora del campanile è decorata con una pietra intagliata.
Accanto sorge la chiesa di Sant'Antonino, martire ad Adamea in Siria; l'edificio fu eretto ai primi del Quattrocento, poi interamente rifatto in barocco nel 1697, ristrutturato nel 1729 e restaurato poi ancora nel 1889 dopo i gravi danni arrecati dal terremoto di due anni prima.
Della costruzione originaria rimane il campanile di linea romanica e, accanto alla porta laterale sinistra, tronchi di colonna, due capitelli di cui uno con mago-custode ed un monolite intagliato a volute floreali che già fu stipite al portale.
Di fronte c'è una rustica edicola votiva del 1822, con lastra di ardesia dipinta con l'immagine di un maldestro cacciatore che si è trafitto la mano con l'asticciola del fucile ad avancarica; un'altra edicola, analogamente realizzata con lastra in ardesia dipinta con Vergine e San Giovanni Battista, è all'inizio del sagrato a sinistra di chi sale.
Scendiamo a destra dell'oratorio e raggiunta la strada asfaltata percorriamone un breve tratto sulla sinistra fino allo spiazzo su cui sorge il lavatoio, fronteggiato da case in abbandono che ci testimoniano l'involuzione del borgo.
Tornati indietro scendiamo lungo la via ciottolata con mattoni al centro superando la fontanella fronteggiata da un architrave decorato, oltre cui si apre la finestraporta di antica bottega, notando poi l'altro architrave intagliato a sinistra in via G. Bosco.
Scendendo a sinistra sotto l'archivolto di via Trento troviamo appoggiato al muro il monolite lavorato a base del torchio; poco più avanti a sinistra, sopra la panca in pietra, c'è una piccola edicola fronteggiata da un semplice portale in pietra nera.
Risaliamo a destra sotto i voltoni di via Rodi e giunti alla fontanella prendiamo a sinistra e poi a destra seguendo la pavimentazione in mattoni, procedendo sempre sotto gli archivolti.
Superato lo slargo, a sinistra c'è un architrave in pietra nera riutilizzato come panchetta, e un altro architrave intagliato ma ormai consunto è sopra la porta in fondo a sinistra; nella casa accanto c'è una efficace curiosa soluzione al problema dello scarico della gronda del tetto, che sbocca nel vicolo dopo aver corso mascherata nella muratura della balaustra.
Tornati di poco indietro saliamo a sinistra prendendo poi a destra; seguiamo quindi la ritrovata pavimentazione in mattoni salendo a sinistra fino allo slargo con verde che sbocca fuori dall'abitato, da cui facendoci guidare dai mattoni sul pavimento torniamo indietro a sinistra a riprendere l'auto.
Percorse poche centinaia di metri sulla provinciale lasciamo la macchina sul ciglio della strada prima della stretta curva sulla destra e prendiamo a piedi la ripida rampa in ciottolato che sale a sinistra.
Dopo un centinaio di metri troviamo la chiesetta di Sant'Antonio, dal rustico tetto a "ciappe"; proseguendo ancora passiamo ai piedi dell'abitato e seguitando sul sentierino erboso raggiungiamo in cinquecento metri la quattrocentesca chiesetta di San Giovanni detta "dei Gentili".
Il portale, preceduto dal porticato a sedile con pilastri, è in pietra liscia, con deteriorato affresco "Battesimo di Cristo" sormontato da lapide intagliata a Trigramma tra foglie di quercia colorate; l'interno ha pavimento lastricato ed un modesto altarino barocco.
A due chilometri dal paese sorge circondato dal bosco il seicentesco Santuario della natività di Maria detto della "Madona de Ciazina"; presso la frazione Costa, raggiungibile dalla deviazione che si distacca a sinistra di chi scende a meno di un chilometro da Carpasio, un casone ospita il Museo della Resistenza che conserva reperti e documenti della lotta partigiana.
Da Carpasio una bella escursione montana si realizza proseguendo fino a San Bernardo di Conio; da qui al Colle San Bartolomeo, e verso Rezzo, oppure attraverso il Passo di Teglia e Triora.
Tornati da Carpasio a Montalto, proseguendo a salire lungo l'itinerario principale possiamo poi prendere la breve deviazione sulla destra che ci porta a Glori, piccolo borgo in posizione dominante la vallata abitato ormai da non più di una trentina di persone.
Lasciata l'auto a inizio paese, scendendo la rampa sulla destra arriviamo alla minuscola piazzetta lastricata su cui sorge la chiesetta della Natività di Maria.
Sotto il voltone antistante c'è una panchetta in pietra nera, incisa con gli ingenui disegni dell'eremita che si ritirò poi nella Tana dell'Incanto ove morì ultranovantenne.
Oltre il voltone troviamo l'oratorio di Sant'Antonio Abate del 1632, con la figura del santo intagliata nell'ovale dell'architrave; sotto l'oratorio c'è la cisterna che alimenta d'acqua tutto il paese.
Tornati alla provinciale, poco prima di arrivare a Molini di Triora prendiamo a destra la deviazione che ci porta ad Andagna, osservando a destra la torre di difesa dai turco-barbareschi suggestivamente isolata su di una roccia in mezzo al bosco.
Parcheggiata l'auto a inizio paese, imbocchiamo via IV novembre che, superata a sinistra la bella edicola con lapide mutila del 1597 intagliata a Trigramma con le lettere M b, ci porta alla vecchia parrocchiale chiesa di San Martino, oggi abbandonata e pericolante tra secolari ippocastani; qui sorgeva anche il convento dei Benedettini ora scomparso.
Al sagrato in terra battuta si accede attraverso un arco in tufo sorretto da due colonne con capitello; il portale della chiesa ha l'architrave intagliato a Trigramma fra due fiori e stipiti decorati a motivo floreale.
Imboccata a destra della chiesa la rampa che passa sotto il volto sbocchiamo nell'ampio sagrato della parrocchiale chiesa dell'Annunciazione che conserva davanti al portale due rocchi di colonna della costruzione originaria; un altro tronco di colonna è all'inizio della piazza.
Il portale in pietra nera è decorato al centro con una testa d'angiolo sormontata da una ricca edicola con statua della Vergine; gli stipiti, intagliati in basso a motivi floreali, sono poi lavorati a semicolonna.
All'interno è custodita nell'abside sinistra l'urna in vetro contenente le spoglie e l'ampolla col sangue di Santa Clementina, martirizzata sotto Diocleziano; la reliquia venne prelevata dalle catacombe di San Lorenzo e qui trasferita da Papa Pio VI nel 1789.
Sulla parete destra è conservata una cinquecentesca "Annunciazione" che una fittissima grata rende irraggiungibile alle mani dei ladri quanto allo sguardo dei visitatori.
Sotto il voltone che fronteggia la chiesa si aprono due portali, di cui il primo, del 1644, dell'ormai estinta famiglia Rossi; il secondo, della famiglia Barrilari, è del 1640 ed ha intagliato nello stipite superstite un consunto mago-custode entro una losanga; l'architrave è scolpito a Trigramma con una rosetta per lato.
Salita la rampa a sinistra della Loggia Municipale prendiamo a destra; superato a destra un portale in pietra liscia, con panchetta, proseguiamo sotto il voltone raggiungendo il trivio contrassegnato dall'edicola con fontanella; da qui a destra si raggiunge la cappella di San Faustino.
Salendo invece per via Costa vediamo a sinistra l'uso delle "ciappe" forate a reggere i pali di un giardino, e nella casa successiva una meridiana; proseguendo troviamo la cappella ormai abbandonata che conclude l'abitato.
Tornati al piazzale della chiesa avviamoci lungo il suo fianco destro e superati i due portali in pietra liscia torniamo all'auto su cui uscendo dall'abitato prendiamo a sinistra seguendo l'indicazione per Rezzo.
Superata dopo circa un chilometro la già vista Torre di Andagna proseguiamo circondati da un bel paesaggio montano.
Dopo quattro chilometri, in regione Drego, incontriamo i resti di un accampamento romano, e dopo altri quattro chilometri arriviamo al Passo Teglia a millequattrocento metri di quota, dove incrociamo la mulattiera Via Marenca, millenario tracciato interno.
Lasciata l'auto, possiamo percorrerne a piedi un tratto a sinistra verso il Passo della Mezzaluna; nella zona abitano camosci, marmotte ed anche una coppia di aquile reali che con un po' di fortuna possiamo incontrare.
Dopo circa quaranta minuti di passeggiata pianeggiante in cresta altamente panoramica arriviamo all'avvallamento dal "Sotto di San Lorenzo" dove, nei pressi di un antico ricovero in pietra per pastori, c'è un'ara primitiva ricavata da un masso, con la cavità semisferica ed il canale di scolo per il sangue delle vittime dei sacrifici; poco più in alto si erge una stele in pietra alta due metri, larga sessanta centimetri e profonda dieci.
Nulla si sa della civiltà e dei riti legati a questi monumenti, ma non è certo un caso che proprio questa sia la zona largamente più ricca di reperti preistorici e quella più infestata dalle streghe, come constateremo fra poco a Triora.
Conclusa la descrizione di questa deviazione torniamo all'itinerario principale lungo la Valle Argentina.
Poco dopo aver superato Molini di Triora di cui si dirà in seguito, prima di giungere a Triora attraversiamo una magnifica e secolare faggeta svoltiamo a destra per la rotabile che ci porta a Corte.
Lasciata l'auto saliamo lungo la viuzza centrale raggiungendo così l'oratorio di San Tommaso, che ha nell'architrave un'incisione del 1673.
Imboccata a destra via Umberto I, dopo un centinaio di metri troviamo a sinistra un architrave del 1541 intagliato a Trigramma; prendendo invece a sinistra arriviamo alla chiesa di San Giacomo, con semplice portale in pietra e fontanella alla base del campanile; la casa che fiancheggia a destra la chiesa ha un portale in pietra nera con architrave decorato da rosetta e protetto da tettuccio.
Tornati all'auto, se al termine dell'abitato prendiamo la via solo inizialmente asfaltata che si distacca a sinistra al centro della curva raggiungiamo il barocco Santuario del Ciastrego; proseguendo invece lungo la provinciale arriviamo a Molini di Triora.