Pornassio

Altitudine: m 620 s.l.m.

Superficie: km2 28

Distanza da Imperia: km 27

Abitanti: nel 1881 1341 - al 2017 685

Festa patronale: 5 Dicembre - San Dalmazzo

Informazioni: Comune tel. 0183 33003


Continuando sulla statale raggiungiamo dopo circa sette chilometri Pornassio, divisa nelle tre borgate di San Luigi, Villa e Ponti.

Ai primi del Duecento Pornassio viene conquistata dal genovese messer Guidofroto Grassello e concessa in feudo ai Conti di Ventimiglia; nel 1270 è occupata dal provenzale Roberto di Laveno, cacciato quattro anni dopo da Oberto Doria che riporta il borgo sotto il controllo di Genova, che nel 1283 la concede in feudo ad Oberto Spinola.

Nel 1335 sorgono questioni con i Del Carretto ed il doge Antoniotto Adorno affida Pornassio agli Scarella di Garessio, che a loro volta ne cederanno poi nel 1460 una parte ai Lascaris di Tenda.

Il paese sarà poi lungamente conteso a Genova dai Savoia, che dopo aver comprato Oneglia (1576) hanno assoluto bisogno di collegarla al Piemonte ritagliandosi un corridoio lungo la vallata dell'Impero, operazione cui Genova è ferocemente contraria; occupata dai Piemontesi nel 1625 ne sarà presto "liberata" da Genova che manterrà poi sempre il suo dominio sul borgo.

Visita al Borgo

Lungo la statale 28 c'è la frazione capoluogo San Luigi con la barocca chiesetta omonima all'inizio dell'abitato e quella di Sant'Antonio recentemente restaurata alla fine; prima di entrare in San Luigi, che non ha null'altro di rilevante da mostrarci, imbocchiamo la deviazione sulla sinistra che porta a Villa e al bivio successivo prendiamo a destra sullo sterrato per raggiungere in cinquecento metri lo spiazzo erboso su cui sorge il barocco Santuario della Madonna della Chiazza del 1775, fronteggiato dall'edicola con fontanella dedicata alla Vergine.206 Proseguendo per altri cinquecento metri oltre il santuario si raggiunge il sentiero che si stacca sulla sinistra e porta tra le vigne alla Colombaia, torre in pietra costruita - ci informa una lapide - nel 1612 da Stephanus Sibilla.

Tornati indietro riprendiamo la strada per Villa raggiungendo il bivio segnato da una alta colonna in pietra nera che regge la statua della Vergine; da qui a destra in cento metri arriviamo al Castello di Pornassio.

L'edificio originario venne costruito ai primi del Quattrocento ma ha subito nel tempo massicci rifacimenti; non visitabile, è oggi abitato e diviso in tre proprietà, di cui quella nord è pubblica (Provincia di Imperia), e si presenta pesantemente deturpato da recenti manipolazioni.

Sul lato di levante, all'altezza del consunto pilastrino in pietra sormontato da una palla, si apre il portale in pietra ad arco tondo che immette nel cortile interno; la porta è ben protetta dalla sovrastante guardiola circolare e da una serie di feritoie a sinistra, sopra l'arco e verso valle, mentre un'altra garitta circolare difende il lato nord della fortezza.

Sul cortile si aprono tre portali in pietra che danno accesso ai vani abitati: quello sulla sinistra immette alla cappella barocca ora restaurata.

Tornati sulla strada che scende a Villa incontriamo la frazione Barche con il piccolo oratorio di San Giuseppe affiancato da lavatoio ed abbeveratoio; qualche centinaio di metri dopo arriviamo a Villa e parcheggiamo nello spiazzo a sinistra dominato, sul lato opposto della strada, dalla quattrocentesca chiesa di San Dalmazzo.

La costruzione è fortunatamente sfuggita ai rifacimenti barocchi e conserva intatte le sue caratteristiche originarie che ne fanno uno dei più significativi edifici romanico- gotici del Ponente.

Fronteggiata dal sagrato lastricato, con sedili nel perimetro, la facciata a capanna con parte centrale rialzata si apre nel portale strombato a colonnine in pietra nera che si saldano in alto in archi a sesto acuto; l'architrave monolitco, intagliato a Trigramma tra foglie di quercia, è opera del 1455 di Antonius Brunetus de Garexio.

La lunetta, affrescata con la "Madonna e Bambino" di Giovanni Canavesio, è sormontata da una lapide in pietra nera intagliata con Agnus e dal piccolo rosone; il sottotetto è decorato da archetti pensili, verticali nella parte centrale ed inclinati nelle due laterali.

Il campanile in pietra è un'antica torre riciclata che risale al Millecento: presenta nella parte inferiore due alte feritoie, sormontate da due bifore su cui si apre la monofora della cella campanaria; poco discosto dal campanile c'è il vecchio oratorio ormai in abbandono, in parte costruito sopra un voltone che scavalca il sottostante ruscello.

Sul fianco destro della chiesa una doppia scalinata dà accesso alla porta laterale protetta da un porticato con volta a crociera; su entrambi i lati le pareti del tratto di raccordo con l'abside sono arricchite da archetti pensili colorati e da decorazioni a losanghe.

L'interno è diviso in tre navate da colonne in pietra nera a capitelli dissimili legate da archi a sesto acuto.

Sul lato destro è custodito l'originale polittico in legno intagliato policromo, con al centro Vergine e Bambino in tutto rilievo su sfondo dipinto a paesaggio agreste; tutto attorno sono intagliati i quadretti in altorilievo con le Storie della Passione.

L'opera, antecedente la costruzione della chiesa, è attribuita dai registri parrocchiali ad un'epoca di poco posteriore al Mille.

Poco oltre si apre la nicchia con affresco "San Sebastiano", del 1457; decorate da affreschi, tutti del Canavesio, sono anche le lunette degli altari e del presbiterio.

La copertura dell'abside è affrescata con Storie della Passione; a sinistra dell'altar maggiore è murato il ricco armadietto in pietra nera per gli oli santi.

L'abside di sinistra è decorata con un anonimo affresco "San Biagio"; a sinistra si apre una cappella che ospita il fonte battesimale sormontato da un tempietto in legno ed una serie di statue lignee della scuola del Maragliano.

Qui è il cinquecentesco polittico "San Biagio" (la figura del santo è del Canavesio).

Accanto all'affresco della Vergine è appeso il quadro originale della Madonna della Chiazza già al santuario omonimo.

Torniamo a prendere l'auto e proseguiamo, superando a sinistra il sovrapporta in pietra nera dal decoro ormai illeggibile nella casa al 2; scendiamo fino al bivio da cui pren- diamo a destra per Mendatica raggiungendo così Ponti dove parcheggiamo nel piccolo slargo a sinistra all'inizio dell'abitato.

Il borgo, apparentemente modesto e dimesso, ci riserva invece la sorpresa di tutta una serie di portali intagliati che ne documentano un passato splendore.

Superato il ponte sull'Arroscia con le sponde fiancheggiate da alte case in pietra, incontriamo la cinquecentesca cappella di San Bernardo con bel capitello murato accanto e resti di colonna nello slargo; nel campanile si apre una feritoia a ricordarne l'uso militare.

Un portale sotto il voltone a destra ha un sovrapporta del 1769 del modesto Raffael De Nanis, mentre nelle case fronteggianti la cappella si aprono massicci portali in pietra nera con architravi monolitici o ad arco, ed un terrazzino con mensole in pietra; murato nella parete è anche un frammento di lapide del 1409.

Proseguiamo per incontrare più avanti, sotto il voltone a destra, un portale in pietra ogivale con grande scalino monolitico in pietra nera seguito dalla finestra-porta di antica bottega, ed arriviamo così alla Loggia Municipale sostenuta da una bassa colonna in pietra, sotto cui si aprono tre portali rispettivamente ad architrave monolitico, ad arco a tutto sesto e ad arco a sesto acuto, esauriente sintesi anche in ordine cronologico delle tre successive tipologie del portale medievale; poco più avanti un portale rococò in pietra intagliata del 1825 completa la sorprendente rassegna.

Subito dopo la loggia si apre un altro portale ad arco tondo del 1447 (dove il 7 è ottenuto con altrettante barre anziché col romano VII); la scritta che corre lungo l'arco - opera del "Magister" Anthoni Brighensis - utilizza caratteri stilizzati e trasformati in decorazione che la rendono inintelleggibile nella parte centrale.

Di fronte scorre il rio Valverna che alimenta il movimento della grande ruota in ferro del retrostante frantoio.

Superati gli spezzoni di colonna incontriamo poi altri portali in pietra finché usciti dal paese nella zona detta "degli orti chiusi" arriviamo alla fontanella con lavatoio ed abbeveratoio; l'abitato si conclude con la ben curata edicola di Sant'Anna col ciottolato vialetto d'accesso fiancheggiato da rosai.

Tornando indietro possiamo passare sotto il voltone a fianco del lavatoio per dare una sbirciata agli arcaici fienili e quindi, arrivati al vico Lazzaretto che si apre sulla destra, percorrerne un tratto sotto il volto prendendo poi a destra sotto l'altro voltone.

Sbocchiamo così su di un piccolissimo slargo; poco oltre c'è il vano chiuso in basso da spezzoni di arco in pietra che ci offre la vista sul torrente e sulle vecchie case del borgo.

Tornati alla cappella di San Bernardo, prendiamo a destra la rampa che sale seguendo le indicazioni per San Rocco; superati altri portali in pietra seminascosti da un pilastro a destra arriviamo al lavatoio e quindi al piccolo spiazzo erboso con ippocastani su cui sorge la cappella di San Rocco che ha murata all'interno una lapide con altorilievo del santo, e da cui abbiamo una panoramica vista sul torrente e sugli arcaici poveri tetti in "ciappe" del borgo.

Tornati all'auto proseguiamo verso Mendatica; dopo milleseicento metri un cartello appeso ad un palo della luce ci informa che qui a destra c'è la "Prea da cruxe" (pietra della croce).

Lasciamo l'auto e scendiamo la scarpata a destra per una quindicina di metri fino a raggiungere sotto i castagni l'ampia roccia pianeggiante di poco emergente dal terreno che porta incisa, a circa un metro dal lato che dà verso la strada, una scritta lunga una quindicina di centimetri solo parzialmente leggibile che può essere interpretata come "P – M 3 b 1.9"; soprattutto la scritta è accuratamente scalpellata per la profondità di un centimetro una croce lunga una ventina di centimetri circondata da altre croci assai più piccole, semplici e superficiali.

Nulla si sa al riguardo: né cosa significhi la scritta, né chi e perché abbia scalpellato l'accurata croce grande, né quelle che le fanno corona, né se siano tutte dello stesso periodo oppure incise in epoche diverse.

Mentre ci rimuginiamo su torniamo all'auto voltando poi a sinistra al bivio che ci porta a Montegrosso Pian Latte.