Altitudine: m 360 s.l.m.
Superficie: km2 5
Distanza da Imperia: km 19
Abitanti:
- nel 1881 323
- al 2017 270
Festa patronale: 29 Settembre - San Michele Arcangelo
Informazioni: Comune tel. 0183 55050
Caravonica (il nome deriva dalla "sosta carovanica" di cui era sede il borgo, tappa obbligata dei traffici mercantili tra Liguria e Piemonte attraverso il sovrastante Colle San Bartolomeo prima della modifica del tracciato della strada) è un centro medievale già feudo e residenza dei Conti di Ventimiglia, la cui storia si identifica con quella degli altri borghi della vallata del Maro.
Visita al Borgo
Poco prima dell'abitato si distacca sulla destra, al bivio contrassegnato da una croce in ferro, la discesa che ci porta presso il camposanto ai ruderi della chiesa di San Michele del 1001, di cui restano oggi, soffocati dai rovi e dall'edera, l'abside spaccata in due con all'interno due colonne scanalate, e qualche mozzicone dei muri laterali.
Tornati alla provinciale proseguiamo aggirando il paese e, superato tenendoci a destra il bivio per Candeasco, parcheggiamo duecento metri dopo sullo slargo a destra.
Cento metri dopo scende a destra la gradonata che ci porta alla chiesa di San Michele Arcangelo del 1670, decorata in facciata da una lunetta in marmo con altorilievo di San Michele in un ovale retto da angioli.
A questa processione partecipavano in particolare i fradelli, che sfilavano con una cappa bianca e torce dal manico dipinto sulla cui sommità c'era una coppa in cui era infissa una candela accesa alla testa della processione; al termine del rito ciascun uomo che vi aveva partecipato riceveva una micca, cioè un pane dalla caratteristica forma ovoidale leggermente appuntito all'estremità, e un litro di vino, e doveva impegnarsi a recitare un requiem per l'anima di chi aveva fatto il lascito.
All'interno sulla destra è conservato il cinquecentesco polittico "Storie della Vergine" e nell'altare di sinistra la statua di San Michele che fulmina il cornuto Lucifero.
Osservati sul sagrato, accanto alla panchetta in muratura, i pezzi di colonna della costruzione originaria, avviamoci lungo la parete sinistra della chiesa su cui è murata una lapide in marmo intagliata con il savoiardo leone rampante, fronteggiata dalla fontanella con abbeveratorio.
Proseguendo arriviamo alla base del campanile, unica parte rimasta dell'originale costruzione seicentesca, alla cui base una grande pietra porta incisa la data 1622; sotto il vicino archivolto, scendendo pochi passi a destra dell'edicola si possono vedere vicoli e case in pietra che caratterizzano il borgo.
Tornati alla base del campanile, proseguiamo in piano superando la bella edicola in pietra nera e statuina di San Giuseppe all'angolo con via Marchese d'Agliano, nobiluomo che abitava nell'isolato successivo; fatti pochi passi su questa via notiamo, in fondo al vicolo a sinistra, una stretta casetta dall'arcaico tetto a "ciappe" che collega i due palazzi opposti; di questo collegamento parleremo nella nota che segue.
Tornati indietro all'edicola scendiamo la gradonata in mattoni fino all'archivolto a destra, sotto cui è murata una bella edicola in pietra nera con lapide che recita: "O VOI CHE PASATI DE QUAVIA - SALUTATI CON PIETA'IESU MARIA" che ha tutta una sua storia, a cominciare dall'errore del lapicida, che nell'incidere dimenticò la "R" di "MARIA" e tentò poi di rimediare in qualche modo.
Scendendo la gradonata, superato a sinistra il portale in marmo del 1622 con Trigramma e le iniziali R.B. del lapicida sbocchiamo in via Oratorio, da cui vediamo sul poggio di fronte a noi il Santuario della Madonna delle Vigne che visiteremo fra poco e, pochi metri alla nostra sinistra, il bell'altorilievo della Vergine con Bimbo e la scritta "Regina coeli".
Prendiamo a destra, raggiungendo il voltone dove una lapide ci ricorda che la sovrastante residenza del conte Bartolomeo Ottavio Tomatis, di cui c'è di fronte il bel portale ad arco tondo, ospitò nel 1706 la Sacra Sindone scortata da Vittorio Amedeo II di Savoia in viaggio da Torino a Genova; la via si conclude con la casa restaurata, con piccola edicola ed architrave intagliato con scritta augurante la pace, affiancata da arcaiche costruzioni in pietra grezza.
Scendiamo a sinistra della fontanella e alla fine della discesa procediamo a sinistra fino a raggiungere, sotto il volto a sinistra, il fianco dell'arcaico palazzotto padronale su cui si apre il grande portale a massici monoliti ad arco romanico, con chiave di volta intagliata a stemma araldico poi abraso, ed una finestra a stipiti monolitici ora murata; sulla facciata, sopra l'architrave in legno della porta, c'è una lapide trapezoidale intagliata con immagini ormai dilavate ma ancora ben leggibili della Vergine con Bimbo in un tondo retto da angioli.
Torniamo indietro proseguendo in piano su questa via e superato l'arco alziamo gli occhi a destra per osservare, murata accanto alla finestra secondo l'uso arcaico, la ciappa che regge il suo bravo vaso di fiori; superato il volto, c'è in fondo all'altro volto alla nostra destra, accanto al monolite intagliato a base di torchio, il semicircolare terrazzino in pietra che ingloba le "ciappe" forate per reggere i pali a sostegno della vite che va a porgere i suoi grappoli al primo piano.
La via si conclude poi sboccando nello slargo con a sinistra una meridiana del 1816 col motto "Mentre mi stai guardando, l'ora ti va mancando", e poco prima a destra un bel portale in pietra a timpano triangolare intagliato con una iscrizione del 1460.
Torniamo indietro, risalendo a sinistra sotto il volto che ci porta alla fontanella da cui prendiamo a destra sotto il volto con la lapide della Sindone; percorriamo tutta via Oratorio finché, superato il portale ad arco in pietra ogivale sulla sinistra, arriviamo allo slargo con a sinistra il grande lavatoio e di fronte l'oratorio dell'Annunciazione col relativo affresco in facciata, da cui risalendo a sinistra torniamo all'auto.
Percorse poche centinaia di metri verso monte prendiamo a destra la deviazione che proseguendo dritti ci porta in meno di un chilometro su fondo prima asfaltato e poi in buon sterrato al Santuario della Madonna delle Vigne eretto nel 1590.
Sulla facciata, preceduta da un porticato a sedili, si apre una grande inferriata con cancello e chiusure d'epoca, attraverso cui vediamo l'interno, ricco di stucchi e decorazioni barocche; sull'altar maggiore è conservato il quadro della Vergine cui il santuario è intitolato, sormontato più che da una preghiera da una vera e propria intimazione: "MOSTRA TE ESSE MATREM", recita infatti la scritta, e cioè "Dimostrati madre".
Sulla parete esterna destra del Santuario c'è una grande meridiana del 1821 ad ore italiche, grande abbastanza per essere vista dal paese sul versante opposto della piccola vallata; accanto al santuario sorge una casetta il cui piano terra è costituito da un ampio archivolto che accoglie una fontana con bella vasca monolitica esagonale.
Tornati alla provinciale, proseguiamo verso monte fra i boschi e raggiunto il passo del Colle San Bartolomeo prendiamo a sinistra seguendo l'indicazione per Ceva; la strada è dominata a sinistra dal Monte Guardiabella (m. 1.219), in cui si apre lo "Sgarbu du ventu", grosso inghiottitoio attivo ricco di concrezioni lungo quasi cinquecento metri che funge da collettore di numerosi condotti sotterranei, alcuni dei quali con interessanti reperti fossili.
Proseguendo in mezzo ai boschi la strada incontra poi a sinistra la deviazione per Calderara, "il paese senza fumaioli" (in molte case il caldo fumo del focolare serviva a seccare castagne); all'inizio del borgo c'è a sinistra la suggestiva fontana, mentre presso il cimitero sorge la romanica chiesa di San Giorgio.
Da qui ridiscendiamo sulla provinciale che va a sboccare sull'ammodernata Statale 28 dopo che questa ha scavalcato la vallata col suo lungo viadotto, reimmettendoci così sull'itinerario per Pieve di Teco che avevamo lasciato a San Lazzaro Reale.