Borgomaro

Altitudine: m 200 s.l.m. - Superficie: km2 23

Distanza da Imperia: km 16

Abitanti: nel 1881 2748 - al 2017 881

Festa patronale: 17 Gennaio - Sant'Antonio Abate

Informazioni: Comune tel. 0183 54571


Sorto prima del Mille a difesa della vallata dai Saraceni, il "Castrum" del Maro, centro principale della vallata, fu poi una delle roccaforti dei Conti di Ventimiglia.

Il toponimo trae il nome dal Burgum Macri, il nuovo insediamento sorto ai piedi del castello (il castro de Macro), nel corso del XV secolo, attestato per la prima volta nel 1583 nella forma Burgo Macri, ma potrebbe anche derivare dall'idronimo Macra o Maira, nel significato latino di "palude", forse in riferimento alla particolare ricchezza di acque della zona, dove, oltre ai vari torrenti, sono presenti sorgenti di acqua solforosa, utilizzate in passato per la cura di malattie della pelle.

L'origine del toponimo è ricollegabile inoltre ai numerosi mulini che esistevano sul territorio e attorno ai quali si formò il centro principale, il quale, anziché chiamarsi "Molini del Maro", assunse la denominazione ufficiale di "Borgomaro".

Conquistato da Carlo d'Angiò nel 1279, viene ripreso tre anni dopo da Enrico II Conte di Ventimiglia, che ne unisce il feudo con quello della vicina contea di Prelà; nel Quattrocento passa per matrimonio ai Lascaris di Tenda che nel 1575 lo vendono ad Emanuele Filiberto di Savoia, che lo concede in feudo ai Doria.

Divenuta definitivamente sabauda, Borgomaro subirà ripetuti attacchi da parte di Genova, il cui esercito ne demolirà poi anche il castello del 1625 nel corso della grande guerra contro i Savoia.

Significativi sono i due "Scunfeughi" ancora accesi a Conio nella prima decade di agosto, e quello di Candea sco la prima settimana di luglio.

Di interesse sociologo è anche la contemporanea presenza delle tre confraternite: rossi, bianchi e neri. Bianchi a favore del Papa, Rossi a favore dell'imperatore e i Neri che si occupano della "buona morte.

Visita al Borgo

All'inizio dell'abitato, all'angolo oratorio di San Rocco, si distacca a destra la deviazione che in poche centinaia di metri porta al seicentesco ex convento dei Francescani, oggi fondazione Orengo Demora. Nella chiesetta dedicata a Maria Immacolata ci sono numerose pregevoli opere del 1600.

Tornati sulla provinciale, parcheggiamo a sinistra sul lungofiume e, dopo aver gettato qualche pezzetto di pane alle anatre che starnazzano in acqua, imbocchiamo il ponte principale che ci porta alla chiesa di Sant'Antonio, sul cui fianco sinistro vediamo gli archi retti da colonne in pietra del loggiato affrescato della originaria costruzione quattrocentesca poi rimaneggiata in barocco. Chiesa ricca di importanti opere d'arte: l'altare della Madonna della Misericordia, il pulpito e di notevole interesse il Crocifisso della scuola del Maragliano.

Sul lato monte della piazza c'è una bella fontana del 1892 con vasca ottagonale in pietra; imbocchiamo la rampa che sale al suo fianco e all'incrocio prendiamo a destra per via Merano da cui, superato al civico 42 l'architrave del 1523 in pietra nera intagliata con Trigramma fra due delfini e le iniziali "IO MA", scendiamo a destra sotto il volto di via Mazzini.

Qui a sinistra al civico 2 c'è il palazzo Doria con bel portale in pietra nera ad architrave intagliato con Trigramma in un tondo al centro, uccello a sinistra e le iniziali del lapicida I B a destra; a destra del portale si aprono in alto due bifore (private purtroppo della colonnina centrale), con massicci stipiti monolitici ed architravi intagliati rispettivamente con un levriero che insegue una lepre ed una croce sormontata da stelle. Nella casa di fronte, seminascosta dal tettuccio in plastica, c'è una edicola con ciappa dipinta con Vergine e Bambino.

Risaliti in via Merano percorriamone ancora un breve tratto verso destra per osservare, sotto l'architrave del 16, il bel Trigramma intagliato del 1534; tornati quindi all'incrocio con via Mazzini prendiamo a destra risalendola interamente; alla casa con tondo devozionale sul terrazzo voltiamo a sinistra e poi a destra, raggiungendo l'incrocio su cui sorge alla nostra sinistra una casa me- dievale in pietre praticamente a secco.

Saliamo la rampa che le passa accanto ed arriviamo così alla fontanella da cui saliamo la scalinata a destra; a destra sotto il volto cento metri fuori dell'abitato c'è la rustica chiesetta di Sant'Anna.

A monte della fontanella saliamo a destra la scalinata fino a raggiungere il restaurato sagrato dell'oratorio di San Giacomo inglobato fra le abitazioni adiacenti, con affresco del santo e panorama del paese dipinti in facciata.

Da qui torniamo indietro scendendo oltre la fontanella fino alla casa medievale dove prendiamo a destra osservandone così le fondazioni sulla nuda roccia, e passiamo poi a fianco dell'altra casa analoga alla nostra sinistra con murate le sporgenti ciappe a fori quadrangolari e le mensole in pietra.

Continuando a scendere per la stretta gradinata, giunti all'incrocio con la via lastricata a cubetti di porfido prendiamo a destra per andare a vedere al civico 12 il bel portale in pietra nera con stipiti monolitici e tettuccio su mensole, con sovrapporta in parte corroso; tornati alla discesa e superato il portale in pietra nera e architrave con stemma abraso e scritta: "GRATIA CONCEDITUR USU" a sinistra al civico 8, giunti all'incrocio con la lastricata via Merano prendiamo a destra per andare a vedere murata sopra il 60 una lapide intagliata con Trigramma tra decori floreali.

Da qui torniamo alla chiesa e quindi all'auto osservando nel riattraversare il ponte la torre mozzata ed inglobata in una casa di fronte a noi a destra ed il dismesso oratorio di San Giovanni Battista decorato in facciata con l'affresco del santo.

Nei pressi di Borgomaro si apre la "Tana della Cava de ciappe", le cui pareti sono coperte da graffiti con scritte, disegni e figure geometriche di incerta attribuzione.

Tornati all'auto riprendiamo a risalire il torrente raggiungendo al termine dell'abitato il bivio che a sinistra porta a Conio e a destra ad Aurigo; prendiamo a destra, e al bivio successivo voltiamo ancora destra raggiungendo così Candeasco.

Un'escursione alternativa più suggestiva che arriva ugualmente a Pieve di Teco risale da San Lazzaro Reale dopo il ponte romano verso destra per Caravonica.

Parcheggiata l'auto nello slargo a destra a inizio paese, saliamo a piedi a raggiungere la seicentesca chiesa di San Bernardino da Siena osservando come a far da ciglio al sagrato e sotto il voltone che la fronteggia siano distribuiti capitelli e rocchi di colonna della originaria costruzione medievale. Dietro alla chiesa c'è il bel portale in pietra nera della casa natale dell'architetto Giovanni Francesco Marvaldi. A destra sgorga la fontanella con abbeveratoio sormontata da una bella scultura della Vergine e Bimbo, quest'ultimo però decapitato.

Saliamo da qui e prendiamo poi a destra per via San Lazzaro fino ad uscire dall'abitato, percorriamo duecento metri sulla strada asfaltata per Caravonica e risaliamo quindi la rampa a sinistra che ci porta al bel lavatoio sotto un profondo arco in pietra. Da qui salendo la scaletta a destra arriviamo alla cinquecentesca chiesetta della Visitazione di Maria Vergine con campaniletto a vela e portico a sedili, il cui sagrato venne realizzato coprendo con due voltoni il ruscello che alimenta il sottostante lavatoio.

Avviamoci lungo la strada a sinistra passando così davanti alla cappella Melissano, dall'architrave scolpito con una bella "Annunciazione" da Filipus Melibanius nel 1566; procedendo fra case in stato di abbandono arriviamo all'incrocio con a destra la fontanella e di fronte, al civico 129, un portale con architrave del 1596 intagliato con Trigramma e scritta: "IN TE DOMINE CONFIDO", da cui a sinistra torniamo alla chiesa e quindi all'auto.

Uscendo da Borgomaro prendiamo a sinistra la strada per Ville San Sebastiano dopo un chilometro e mezzo prendiamo sulla destra la deviazione che in poche centinaia di metri fra gli ulivi ci porta all'antichissima chiesa di Santi Nazario e Celso primitiva matrice della valle del Maro.

La chiesetta originaria venne qui eretta nei primi secoli del Cristianesimo; l'attuale struttura vi fu sovrapposta nel 900 d.C. e poi ampliata nel Quattrocento, quando venne realizzato anche lo splendido portale della facciata in pietra nera del 1498 con decorazione a treccia ed architrave scolpito con una "Annunciazione" ed un Trigramma in raggiera sorretta da angioli. Sul fianco sinistro sotto il campanile si apre il bel portale quattrocentesco della porta laterale, con architrave intagliato a Trigramma, Agnus e stemma del Gran Bastardo di Savoia, Signore del Maro nella prima metà del Cinquecento.

Giriamo attorno alla chiesa per osservarne, dalla monofora strombata che si apre sul fianco destro, l'interno dalla classica struttura quattrocentesca a tre navate, con basse colonne, basi e capitelli in pietra nera di cui uno intagliato con numerosi maghi-custode, archi gotici a fasce bianche e nere; vi sono conservati un anonimo affresco della Vergine con Bambino, un architrave con lo stemma dei conti di Ventimiglia ed il tabernacolo in pietra nera del 1530 a destra dell'altar maggiore. All'interno si conserva il polittico dei santi Nazario e Celso opera di Raffaele De Rossi (1525).

Tornati alla provinciale, dopo settecento metri siamo a Maro Castello; parcheggiamo nella piazzetta a inizio paese dove la strada aggira i pochissimi resti del castello medievale completamente distrutto da Genova nel 1625. Qui sorge anche la bella fontana costruita nel 1866 con al centro la vasca in pietra su pilastro murato, ai due lati le ampie vasche del lavatoio e a destra le altre due molto grandi per l'abbeverata degli animali.

Di fronte c'è la Chiesa dell'Assunta del 1608, che conserva dietro l'altar maggiore il seicentesco anonimo polittico "Assunzione"; oltrepassata la chiesa possiamo andare a vedere, poco più avanti a destra al civico 8, la lapide tonda con bel bassorilievo della Vergine e Bambino dell'edicola scomparsa col restauro della casa su cui è murata.

Tornati in auto sulla provinciale proseguiamo tra uliveti che cominciano a cedere il passo al bosco raggiungendo in tre chilometri Ville San Sebastiano, dove parcheggiamo accanto alla chiesa omonima, costruita nel Quattrocento ma poi ampliata in epoca barocca con la demolizione delle pareti laterali ed il prolungamento di facciata ed abside a divenire le pareti laterali del nuovo edificio. Sull'ingresso attuale è murata una lapide quadrangolare del 1492 intagliata a Trigramma gotico in tondo a raggera; il portale originario, oggi murato, si trova sulla parete destra della costruzione e conserva il monolitico architrave scolpito a Trigramma gotico in due semplici tondi concentrici.

Se lasciato a destra il tronco di colonna della costruzione originaria passiamo accanto al fianco destro della chiesa e ci avviamo per la rampa oltre la piazzetta, abbiamo di fronte il bivio che esprime in modo emblematico le due strade che può prendere il borgo: a sinistra le arcaiche abitazioni ormai in via di sfacelo per l'abbandono, a destra quelle restaurate bene auguranti per lo sviluppo del paese.

Tornati all'auto sulla provinciale, subito dopo la chiesa imbocchiamo a sinistra, in corrispondenza del lavatoio, la deviazione che, prendendo poi a destra al bivio e poi ancora a destra, ci porta al Santuario della Madonna della Neve che conserva una bella statua in marmo della Madonna con Bambino del Seicento.

Rientrati sulla provinciale prendiamo a sinistra e dopo quattrocento metri troviamo il bivio che a sinistra porta in diciassette chilometri a Carpasio; noi prendiamo invece a destra ed entriamo così in Ville San Pietro parcheggiando nello slargo di fronte alla chiesa, con fontana realizzata nella "pila" in pietra di un frantoio.

L'abitato di Ville San Pietro è diviso in cinque borgate: Marpero, con la sua cappella della Madonna del Carmine del 1600; Barca, con la cappella dell'Ascensione anch'essa seicentesca; Ciappariolo, con la cappella di Santa Lucia del Quattrocento; Costa e Case Soprane, con cappella della Madonna delle Grazie del 1680.

La parrocchiale di Ville San Pietro è la Chiesa di San Pietro in vincoli che abbiamo di fronte, ricostruita in barocco nel Seicento, col campanile che ha conservato sotto l'orologio le feritoie su tutti i lati. Dalla porta laterale, superati i due metri di spessore del muro con a destra la piccola acquasantiera in pietra, accediamo all'interno che conserva alla nostra destra, accanto all'ingresso principale, il tondo fonte battesimale del 1306 ricavato da un monolite e montato su colonna in pietra nera; sul lato opposto della porta è murata una lapide del 1774 e un'altra del 1597 si trova poco più avanti.

Dietro la chiesa sorge il cinquecentesco oratorio dei Disciplinanti di San Pietro, confraternita la cui primaria ragione sociale fu la raccolta e gestione dei fondi destinati a pagare il riscatto dei compaesani rapiti e ridotti in schiavitù dai "Turchi"; conserva sopra il portale una bella lapide con bassorilievo di San Pietro in trono, tema che si ripete all'interno nella bella tela anonima del 1507 sopra l'altare, installato su di un basso basamento monolitico in pietra rozzamente scalpellata e sormontato da grotteschi stucchi che raffigurano Vergine ed angioli.

Ripresa l'auto proseguiamo lungo la provinciale che inerpicandosi fra i castagneti si fa più stretta e tormentata portandoci a Conio (da "cuneo"), il paese più elevato (m 650 s.l.m.) della vallata in bella posizione panoramica, famoso per la bontà dei suoi fagioli (presidio slow food). La strada aggira il paese e noi la seguiamo finché parcheggiamo accanto all'oratorio dell'Annunziata, con porticato a sediletti coperto a capriate; l'interno, con pavimento lastricato, conserva una anonima "Annunciazione" cinquecentesca.

L'oratorio è fronteggiato dai due volti contigui che ospitano la fontanella e l'abbeveratoio; da qui prendiamo la strada a sinistra in piano superando le due feritoie a destra che difendevano l'accesso al borgo e, passati sotto il volto, andiamo a sinistra raggiungendo la Chiesa della natività di Maria Vergine, costruita nel 1624 e restaurata agli inizi del '900. All'interno, a pianta circolare, c'è a destra una rustica acquasantiera in pietra e la seicentesca anonima tela "I Misteri del Rosario" con al centro la Vergine in trono.

Usciti dalla chiesa prendiamo subito a sinistra sotto il cunicolo e tenendoci sempre a sinistra aggiriamo la costruzione, di cui vediamo le fondazioni sulla viva roccia, tornando a sboccare sul piccolo sagrato. Da qui ripercorriamo la gradonata che ci ha portato alla chiesa prendendo poi a sinistra sotto il volto oggi solettato; la visita al piccolo borgo ci riporta indietro di quasi un millennio, fra case di schietta struttura medievale in pietra viva dall'arcaica copertura a "ciappe" recuperate dalle vicine montagne.

Procediamo passando sotto il volto della casa sulla cui facciata si apre a sinistra una finestra con stipiti monolitici e, sboccati sulla piazzetta, continuiamo a salire la gradonata in cemento arrivando così di fronte al duecentesco Castello dei Conti di Ventimiglia.

La massiccia costruzione ci presenta la sua facciata in pietra con feritoie e finestroni; noi prendiamo la rampa a destra e ne raggiungiamo così l'ingresso, superando il piccolo slargo erboso con a destra il pozzo in pietra che pesca in una cisterna già alimentata da un acquedotto medievale. La porta di sinistra immette nell'atrio su cui si aprono le porte interne con portali monolitici; a sinistra, sorretta da una bella colonna ottagonale in pietra sale la scala che porta al piano superiore. La porta principale di ingresso ci immette nell'ampio salone con finestroni che dominano tutta la vallata; sulla parete di fronte era murato sopra la porta un architrave con bassorilievo riproducente lo stesso castello con ai lati gli stemmi marchionali dei Ventimiglia, asportato nei recenti anni '60.

Ridiscendiamo la rampa in cemento prendendo poi a sinistra e quindi a destra raggiungendo l'auto su cui, tornando indietro, venti metri dopo il bivio prendiamo a sinistra scendendo alla Chiesa di San Maurizio. La romanica costruzione originaria eretta nel Millecento era più corta e ad una sola navata; nei secoli successivi la chiesa venne allungata, ed allargata con l'aggiunta della navata sinistra, realizzata con due basse colonne in pietra a capitello dorico legate da archi a tutto sesto.

Il tetto è a capriate; nella parete di sinistra si apre una piccola monofora originaria, mentre le finestre del muro di destra sono state aperte successivamente. Il quadrato campanile con contrafforte alla base ha piccole monofore su tre lati, e fissata su quello anteriore una lapide pentagonale ormai corrosa. A destra del campanile si apre la porta di ingresso alla chiesa, sormontata da finestrella a croce; a sinistra c'è la finestra da cui possiamo vedere l'interno, con sediletti in pietra lungo le pareti.

Nell'abside è conservata l'arcaica nicchia in pietra con archetti pensili nel basamento che ospita la statua del santo; nella parete di destra vicino all'abside c'è una ricca tomba trecentesca, probabilmente di un Ventimiglia, con tettuccio su grande arco in pietra nera.

Discendendo verso Borgomaro, al bivio prendiamo a destra la strada che ci porta ad Aurigo.